Carcinoma della prostata - Linee successive di trattamento nel tumore prostatico resistente alla castrazione metastatico: Cabazitaxel, ARSI - Lineeguida AIOM 2024
Nel corso degli anni sono state testate diverse strategie terapeutiche per pazienti che abbiano ricevuto un precedente trattamento in grado di prolungare la sopravvivenza. Dato che, storicamente, per circa un decennio Docetaxel è stato l’unico farmaco registrato nella malattia mCRPC ( tumore della prostata resistente alla castrazione metastatico ), i primi studi hanno testato un altro chemioterapico ( Cabazitaxel ) e gli ARSI ( Abiraterone ed Enzalutamide ) solo come strategia di seconda linea dopo Docetaxel.
Cabazitaxel
Il primo trattamento che ha dimostrato di poter incrementare la sopravvivenza dei pazienti affetti da mCRPC dopo progressione a una prima linea di terapia con Docetaxel è stato Cabazitaxel. Nel 2010 sono stati pubblicati i risultati di uno studio prospettico, randomizzato, di fase III ( TROPIC ) che ha confrontato Cabazitaxel più Prednisone versus Mitoxantrone ( anch’esso associato a Prednisone ), in un gruppo di pazienti affetti da carcinoma prostatico resistente alla castrazione metastatico ( mCRPC ), in progressione durante o dopo trattamento con Docetaxel. Lo studio ha arruolato 755 pazienti, randomizzati a ricevere Mitoxantrone 12 mg/mq ( n=377 ) o Cabazitaxel 25
mg/mq ( n=378 ) ogni 3 settimane per un massimo di 10 cicli. L’endpoint primario dello studio era la sopravvivenza globale ( OS ), per la quale è stato evidenziato un vantaggio significativo a favore di Cabazitaxel ( 15,1 vs 12,7 mesi; HR 0,70; IC95% 0,59-0,83; p minore di 0,0001 ). In questo studio è stata osservata una neutropenia febbrile di grado 3 o superiore nel 7% dei pazienti trattati con Cabazitaxel versus l’1% dei pazienti trattati con Mitoxantrone; questa elevata tossicità è stata
attribuita a una non ottimale gestione dell’uso profilattico del G-CSF nei diversi centri partecipanti.
In effetti, i risultati degli studi di accesso allargato al farmaco su una popolazione più ampia di quella inserita nello studio TROPIC e meno selezionata hanno dimostrato che con un più appropriato utilizzo della profilassi con fattori di crescita emopoietici l’incidenza di neutropenia febbrile è minore rispetto a quella dello studio registrativo.
Si è cercato di sviluppare schedule alternative in grado di migliorare ulteriormente la sicurezza di
Cabazitaxel. Lo studio PROSELICA ha infatti valutato la non-inferiorità della somministrazione di Cabazitaxel a dosaggio ridotto: 1200 pazienti affetti da mCRPC in progressione dopo Docetaxel sono stati randomizzati a ricevere Cabazitaxel 20 mg/mq q21 (C20 – n=598) o 25 mg/mq q21 (C25 – n=602). La sopravvivenza mediana dei pazienti trattati con dose ridotta non si è discostata significativamente da quella osservata con dose tradizionale ( 13,4 C20 vs 14,5 mesi C25 ) e i limiti di confidenza dell’hazard ratio ( HR ) ( IC99% ) sono risultati all’interno del margine di non-inferiorità. Con la dose ridotta di Cabazitaxel si è osservata invece una significativa riduzione degli eventi avversi di grado 3-4 ( 39,7% vs 54,5% ). Sulla base di questi risultati si può essere confidenti nell’utilizzare una dose ridotta di Cabazitaxel nei pazienti che abbiano particolari fattori di
rischio o abbiano sviluppato tossicità.
ARSI
Nello stesso setting ( post-Docetaxel ) sono stati testati anche i farmaci ormonali di nuova generazione. Lo studio di fase III COU-AA-301, pubblicato nel 2011, ha randomizzato 1195 pazienti secondo uno schema 2:1 a ricevere Abiraterone ( n=797 ) o placebo ( n=398 ), in entrambi i casi in associazione a Prednisone 5 mg per os, 2 volte al giorno. La durata mediana della sopravvivenza globale, endpoint primario dello studio, è risultata di 15,8 mesi nel braccio con Abiraterone e di 11,2 mesi nel braccio placebo ( HR 0,74; IC95% 0,64-0,86; p minore di 0,0001 ). Dal punto di vista degli effetti collaterali, il trattamento con Abiraterone ha determinato una maggiore incidenza di eventi avversi rispetto al placebo in termini di ritenzione di liquidi ( 33% vs 24% ), ipokaliemia ( 18% vs 9% ) e ipertensione ( 11% vs 8% ). Anche l’analisi finale di sopravvivenza globale, pubblicata nel 2012, ha confermato il vantaggio a favore di Abiraterone con una mediana di sopravvivenza globale di 14,8 mesi nel braccio sperimentale versus 10,9 mesi nel braccio di controllo ( HR 0,64; IC95% 0,54-0,77; p minore di 0,0001 ).
L’efficacia di Enzalutamide in un’analoga popolazione di pazienti è stata testata in un ampio studio di fase III ( studio AFFIRM ) in cui 1199 pazienti sono stati randomizzati secondo uno schema 2:1 a ricevere Enzalutamide al dosaggio di 160 mg/die ( n=800 ) oppure placebo ( n=399 ). Dopo un follow-up mediano di 14,4 mesi, la durata mediana della sopravvivenza globale ( endpoint primario dello studio ) è risultata pari a 18,4 mesi nel gruppo Enzalutamide versus 13,6 mesi nel gruppo trattato con placebo ( HR 0,63; IC95% 0,52-0,75; p minore di 0,0001 ). Per quanto riguarda il
profilo di tossicità ( qualsiasi grado ), nel gruppo di pazienti sottoposti a terapia con Enzalutamide si sono registrati con maggiore incidenza astenia, diarrea, dolore muscolo-scheletrico e vampate di calore; 5 su 800 pazienti assegnati al trattamento con Enzalutamide ( 0,6% dei casi ) hanno sviluppato crisi comiziali. In conclusione, Abiraterone, Enzalutamide e Cabazitaxel si sono dimostrati efficaci nei pazienti in progressione dopo il solo Docetaxel. br>
Non esistono studi di confronto diretto tra questi farmaci ed è pertanto impossibile stabilire sulla sola base dei profili di efficacia quale farmaco preferire, né esistono criteri clinici e biologici ( bio-molecolari ) sufficientemente validati per orientare la preferenza verso l’una o l’altra opzione.
La scelta tra queste opzioni rimane pertanto in funzione della linea di trattamento precedente, della risposta al/ai trattamenti precedenti, di specifiche controindicazioni all’uso di Prednisone ( nel caso di Abiraterone ) o di Enzalutamide ( precedenti eventi ischemici cerebrali o anamnesi positiva per crisi comiziali ) o di un’ulteriore chemioterapia, del quadro clinico ( carico tumorale, rapidità dell’evoluzione della malattia, presentazione di sintomi ) nonché delle preferenze del paziente.
Un problema rilevante dal punto di vista delle evidenze disponibili riguarda, invece, il trattamento di seconda linea qualora in prima linea siano stati utilizzati Abiraterone o Enzalutamide. Tutti gli studi registrativi precedentemente descritti nel setting di seconda linea avevano arruolato esclusivamente pazienti che avevano ricevuto in precedenza Docetaxel, mentre in nessuno di essi erano stati inclusi pazienti precedentemente trattati con un ARSI. Non esistono quindi solide evidenze per orientare la scelta del trattamento di seconda linea dopo Abiraterone o
Enzalutamide, soprattutto per decidere se dopo un ARSI sia possibile ottenere nuovamente un controllo di malattia con l’altro ARSI non-utilizzato in prima linea, oppure se occorra orientarsi verso un trattamento con Docetaxel per evitare fenomeni di cross-resistenza.
Diverse analisi hanno correlato l’espressione di alcuni biomarcatori all’attività dei farmaci disponibili, ma è necessario procedere a una validazione attraverso le varie fasi della sperimentazione clinica prima di poterne prospettare l’utilizzo nella pratica clinica. Dal punto di vista clinico esistono delle evidenze piuttosto deboli che derivano da numerose piccole serie
retrospettive estremamente eterogenee che hanno valutato le diverse possibili sequenze e da cui non è possibile trarre alcuna indicazione definitiva in termini di sequenza ottimale. Due studi di fase II randomizzati hanno valutato la sequenza dei due ARSI in prima e seconda linea.
Nello studio PLATO è stato evidenziato che la combinazione dei due ARSI non è attiva dopo progressione biochimica in corso di Enzalutamide, ma è anche interessante notare che la probabilità di ottenere delle risposte biochimiche utilizzando Abiraterone dopo Enzalutamide è estremamente limitata.
A risultati analoghi è giunto un altro studio di fase II randomizzato, pubblicato nel 2019, che ha confrontato la sequenza Abiraterone in prima linea ed Enzalutamide in seconda linea rispetto alla sequenza inversa anche se, in realtà, questo studio sembra suggerire che la sequenza Abiraterone - Enzalutamide sia preferibile alla sequenza Enzalutamide-Abiraterone.
Questi studi randomizzati hanno dei limiti intrinseci poiché sono studi di fase II e hanno arruolato un numero limitato di pazienti. Nel complesso, quindi, in riferimento al trattamento di seconda linea dei pazienti trattati inizialmente con un ARSI, nella pratica clinica è sconsigliato l’utilizzo in sequenza di un altro ARSI, se non in casi selezionati e comunque nei pazienti che non possono ricevere la chemioterapia o altri trattamenti target.
Il problema della possibile cross-resistenza tra Abiraterone e gli altri ARSI che agiscono
sul recettore androgenico ( Apalutamide, Darolutamide, Enzalutamide ) si ripresenta teoricamente anche nel caso gli ARSI siano stati utilizzati nella fase nmCRCP o mCSPC. Allo stato attuale, non ci sono evidenze solide che escludano i fenomeni di cross-resistenza, nonostante il disegno di qualche studio orientasse all’utilizzo di un secondo ARSI dopo progressione ad ARSI. ( Xagena2014 )
Fonte: Lineeguida AIOM 2024 [ Istituto Superiore di Sanità ]
XagenaMedicina_2024
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